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Show Side Panel

START: come nasce il progetto

Dec 12 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

Giovanni Mascarelli, Osvaldo Moi, Roberto Centrella e PromoArt Milano  sono i nomi che portano all’iniziativa START. Giovanni Mascarello,  noto come attivo promotore dell’arte in sintonia con l’arredamento, ha deciso di avviare un iniziativa volta a promuovere quest’idea. Occorreva certamente un nome che fosse d’impatto comunicativo , così che Osvaldo Moi ha pensato a START. Un'unica parola che però nasce da STAR come stella, considerando la collocazione geografica degli organizzatori con riferimento a Guarene, Alba, limone, Torino e Milano. Scissa in ART  come arte a tutto tondo, START come inizio e STAR come stella.  Tre significati importanti che evidenziano il desiderio di iniziare un percorso espositivo artistico di rilievo per essere un riferimento comunicativo importante. Il prossimo incontro si svolgerà il 13 dicembre.   start1start2start3start4start5start6start7start8

Franco Curletto: arte e hair stylist a tout coeur

Nov 29 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

Franco Curletto, nome storico nel modo dell hair stylist, diventa icona internazionale anche per la capacità innovativa di rendere le sue “creazioni”opere. Dalla passerella, dove i capelli diventano parte integrante del mood comunicativo della sfilata, alla realizzazione di un indosso per le donne tutti i giorni. Una capacità innata di rendere unica e speciale la sua attività che si contraddistingue nel settore per innovazione  lungimirante. “Ho raccolto l’esperienza fatta sin dall’età di 13 anni che mi ha permesso con passione di evolvermi attraverso un percorso dove ho visto il conferire graduale di valore all’arte dell’acconciatura. Il parrucchiere della sfilata era una figura di contorno che ha assunto nel tempo invece un ruolo importante. Moda arte e non solo hanno reso la mia professione uno stimolo continuo attingendo ispirazioni da fonti diverse. Mi sono approcciato all’arte nel 2000 e da lì ho iniziato ad interessarmi a questo settore. Il mio salone a Milano è un concept, dove l’arte dialoga con un approccio diretto ed immediato attraverso un linguaggio diverso. Qui mi discosto dall’immagine tradizionale del salone da parrucchiere per aprirmi verso un orizzonte di fusione per un racconto comunicativo diretto.”   curletto1 “Il mio incontro con Osvaldo Moi è stato casuale ma siamo diventati subito amici: mi ha colpito l’estetica delle sue opere e in talune anche l’ironia. Credo che per interpretare il valore dell’opera occorre conoscere l’artista che attraverso questa realizzazione esprime emozioni e pensieri. L’arte di interpretare  spesso sottovalutata allontana dal mondo artistico. Ho scelto di far realizzare ad Osvaldo un’opera trasversale, Robi, all’ingresso del mio salone. Talvolta confonde chi si avvicina credendo addirittura che sia una galleria espositiva. Osvaldo è riuscito a far emergere la sua creatività dirompente attraverso la sua arte. La dualità caratteriale contraddistinta dal rigore militare che ha segnato la sua carriera lavorativa esplode in una necessità di liberarsi  nella sensibilità e nella bellezza delle sue creazioni. Arte è tutto ciò che ti comunica felicità ed emozioni. Una sottolineatura importante del peso della bellezza dell’arte che oggi viene troppo spesso sorvolato in una realtà dove, attraverso la rete, le informazioni passano ma non istruiscono. Questo fa perdere il senso dell’arte. La contemporaneità di quest’aspetto sminuisce molto artisti. Dovrebbe essere maggiormente fruibile perché tutti possano apprezzarne l’alto valore comunicativo”. Franco Curletto è riuscito nella sua carriera a dare  un immagine personalizzata del suo lavoro, importanti collaborazioni si sono succedute negli anni. Un uomo dallo spirito curioso alla ricerca instancabile di spunti che sappiano essere innovazione. Un osservatore attento che conosce il valore dell’arte nella sua vita e quanto può contribuire a migliorare quella di ciascuno. Dietro ogni suo salone c’è una ricerca precisa che studia in modo personale, perché siano il racconto di ciò che vuole esprimere.

Ironia e scultura. Intervista a Osvaldo Moi Pubblicato il 19 novembre 2019 su ARTRIBUNE di Alessia Tommasini

Nov 21 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

CELEBRE PER LE SUE “ESCARGOT”, OSVALDO MOI RIPERCORRE LA STRADA CHE L’HA PORTATO ALLA SCULTURA. FRA INTERVENTI PUBBLICI E MOSTRE IN GIRO PER IL MONDO Scultore da sempre, Osvaldo Moi (Silius, 1961) sin dalla sua infanzia ha manifestato una propensione alla performing art e alla scultura. Affida al fluire delle forme e alla forza espressiva della materia il senso della sua ricerca. È autore del gruppo in bronzo per i Caduti di Nassirya, collocato in piazza d’Armi a Torino; altre due copie sono a Novara e a Pianezza (TO). È stato invitato da Vittorio Sgarbi alla 54esima Biennale di Venezia, interpretando il ritratto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di un suo busto. Espone a Parigi, Saint-Paul-de-Vence, Milano, Torino. Vive e lavora tra Torino e Limone Piemonte, dove ha i suoi studi.Quando hai iniziato la tua attività artistica? E qual è la tua definizione di scultura e performing art?Da bambino avevo scoperto di avere quella particolare propensione che ho inteso come dono, la possibilità di creare, di estrarre dal legno, dalla pietra, da vari materiali quella forma plastica che da tempo immaginavo e vedevo nella mia mente come in un film o un’immagine ancestrale. Ho sempre avuto quell’intuito, quella spinta interiore, come un clic di una macchina fotografica nel momento in cui potevo vedere nei tronchi o nei materiali la struttura che ne sarebbe scaturita; è come se una forza interna mi spingesse a cercare e dare la giusta forma e di muoverla nello spazio ‒ come ad esempio le mie escargots che viaggiano su tracciati immaginari. Due di queste le ho portate e poi fotografate sul ballatoio all’interno del Guggenheim e dentro la sala congressi principale delle Nazioni Unite a New York. Una performing art forse surreale ma al tempo stesso azione fisica oggettiva. Le faccio girare ovunque, sono ironiche, scherzose, allegre. Sono lo sviluppo di un gioco d’ombre che facevo da bambino, adoravo andare a raccogliere le lumache nei prati, era l’espressione del mio senso di libertàCome avviene il tuo processo artistico?Non è mia abitudine scarabocchiare, disegnare bozzetti, le immagini di quelle sculture sono dentro di me, vive, nella materia e nel colore, si muovono, io giro intorno con lo sguardo e loro mi chiedono di essere realizzate. Non che non sia in grado di disegnare (anche perché ho imparato prima a disegnare che camminare), ma mi sembra troppo semplice risolvere le immagini che mi affollano la mente con il disegno. Io voglio creare tridimensionalità, dar movimento nello spazio alle opere, voglio dar loro vita; nel disegno non trovo quell’intensità, quell’anima, evidentemente corrisponde al mio bisogno di interagire con lo spazio che mi circonda e con la poesia dei materiali.Che ricordi hai delle tue prime creazioni?È iniziato tutto in modo naturale, in prima elementare, in fondo all’aula, lontano dagli occhi della maestra, smontavo le lamette dei primi temperini e intagliavo le matite creando piccole sculture. Negli anni il mio lavoro si è focalizzato sempre di più sulla scultura e l’interazione con materiali anche poveri come “objet trouvé” trasformati dalla mia visione.La tua prima esposizione.Ho esposto per la prima volta nel 2003 in TV per Striscia la Notizia. Ho creato un Tapiro della pace. Ho realizzato un monumento per i caduti di Nassiriya nel 2004 a Novara e uno a Torino in piazza d’Armi nel 2006. Tutto questo prima della mia prima mostra a Parigi nel 2007, in una galleria storica a 50 metri dal Centro Pompidou, il Beaubourg, e alla Galerie Art Present. In quel periodo ero in Libano come soldato ONU [è stato per anni sottufficiale e pilota di elicotteri dell’Esercito Italiano, N.d.R.] e da lì ho fornito e istruito una tipografia di Beirut per la realizzazione del catalogo, gli inviti per la mia prima mostra. Mi sono fatto presentare alla città di Parigi con una breve critica dell’allora sindaco di Roma on. Valter Veltroni e dall’attore Massimo Ghini.Come definiresti il tuo stile?Le mie sculture tendono in genere al Surrealismo con incursioni nella Pop Art. Definirei il mio approccio intellettuale, ma non ideologico.Quali tecniche utilizzi?Adoro scolpire legni nobili come il noce, il profumato cirmolo (pino cembro, il re dei legni), il morbido tiglio, ma scolpisco anche legni duri come il rovere, il profumatissimo ginepro o i durissimi bosso e l’ebano. Ho in mente il lavoro e lo estraggo dalla forma naturale prima con la motosega, poi, prima di procedere con gli scalpelli, tolgo il superfluo con degli smerigli con delle lame in acciaio. Infine carte vetrate sino a ottenere la finitura che più mi aggrada e che mi porta al risultato desiderato. Ultimamente sto lavorando sul riccio di mare, creatura fantastica che ha in sé la parte vitale ma estremamente difesa dagli aculei. Lo sto interpretando in vari materiali e dando consistenza ad anime differenti, come con rami tagliati, raccolti nei boschi tra la neve a gennaio, lasciati maturare e poi appuntiti e assemblati con incastri o con stoffe di cotone, seta e carta induriti e manipolati con le resine bicomponenti che solidificano in pochi minuti.C’è un’opera che hai realizzato a cui sei particolarmente legato?Sono legatissimo all’ultima, che considero una delle mie migliori. Hanno però tutte dei significati particolari per me, ricordi a cui sono legato e a loro ho trasferito amore e passione. Mio padre, quando avevo quattro anni, vedendomi agitato e attivo, diceva agli amici che mille cose pensavo e cento ne facevo, mentre mia madre, quando usciva di casa, lasciava me con mio fratello e le sorelle maggiori a controllarmi e con me si raccomandava che non facessi il monello perché il Gesù grande e quello piccolo (due crocifissi sopra le porte di casa) mi vedevano e mi avrebbero punito. Quando usciva spostavo il tavolo, mettevo una sedia sopra, mi arrampicavo, toglievo i crocifissi, li nascondevo così che non potessero vedermi e facevo le mia marachelle. Ho realizzato una scatola in plexiglass con i lati dell’età di Cristo, 33 x 33 x 33 cm dentro cento crocifissi bendati; al posto di INRI c’è Moi. Dissacranti? No, li ho bendati anche perché nel mio ricordo infantile mascherarli voleva dire che non avrebbero visto quello che combinavo e non ci sarebbero state punizioni. Questo corrisponde ancora oggi alla mia concezione di Gesù misericordioso.E per quanto riguarda le altre opere?Il bidone dell’immondizia, La grande storia, è l’inizio e la conclusione di un periodo (avvenuto prima della realizzazione del libro edito da Skira nel 2017 e curato da Martina Corgnati), generato dal ricordo che dagli 11 anni ai 17 raccoglievo l’immondizia che precipitava dalle tramogge di due scale condominiali. Avevo a disposizione 14 bidoni che riempivo a giorni alterni e portavo all’esterno affinché la nettezza urbana li portasse via e li svuotasse. Così, per chiudere un ciclo che ha coinvolto anche la mia vita professionale, all’interno di quel bidone ho messo gli abbigliamenti di servizio, il calcio di un fucile e una borraccia a indicare la fine della mia vita militare e in qualche modo un rifiuto, che mi ha sempre accompagnato, verso la violenza della guerra. Infine una serie di trofei che negli anni ho realizzato per il Principe Alberto di Monaco e le sue competizioni sportive con finalità benefiche. Amo molto le escargot, ho anche realizzato un video in cui ho usato la luce del sole per dare un senso metafisico al naturale, con una mano chiusa ho proiettato il guscio e con l’altra il corpo della lumaca in movimento con le corna tese a caccia di odori.Raccontaci della tua mostra appena inaugurata, che sarà visibile al pubblico fino al 20 marzo 2020.Ad aprile sono stato a Büdingen presso la Galleria Lo Studio per valutare gli spazi, per selezionare e coordinare le opere da esporre con il curatore, lo storico dell’arte Christian Kaufman, e la gallerista Sabine Uhdris. Sulla base di una serie di lavori pubblicati sul libro edito Skira e curato da Martina Corgnati, abbiamo scelto una serie di sculture che hanno segnato il mio percorso artistico negli ultimi anni. Lavori che per essere realizzati hanno richiesto molteplici test, ricerche dei giusti materiali che agevolassero l’assemblaggio e il desiderato risultato estetico ed espressivo. Il vernissage del 16 novembre è stato un inizio, ma anche la conclusione, di un anno di intenso impegno alla ricerca dell’opera ideale, anche se in realtà il mio lavoro si evolve e sento già che altro prende forma nella mia fantasia.Come si alimenta la creatività? Come avvengono le scelte che compi quando ti accingi a realizzare un’opera o una installazione?In ogni momento nel mio immaginario si creano esseri amorfi, surreali o del tutto reali. Ho sempre immaginato esseri, forme, creature con un occhio al Surrealismo e uno al grande Bosch in un melting pot creativo, ho progettato e realizzato attrezzi. A volte mi sveglio in piena notte con in mente il perfetto percorso di realizzazione di un’opera, oppure, mentre cammino o guido l’automobile, immagino i prossimi lavori, studio le tecniche di realizzazione, immagino i materiali, se non ci sono li adeguo, li “educo” e li gestisco idealmente, li vedo nel loro sviluppo, vedo crescere e formarsi il pezzo che visualizzo, vedo le sculture vivere, e nel momento in cui le realizzo ripercorro quei passi immaginati.Qual è il tuo prossimo obiettivo?Il primo prossimo obiettivo è spostare il mio atelier torinese in uno spazio più grande e funzionale, lo studio laboratorio a Limone Piemonte risponde bene alle mie esigenze. Prossimamente voglio dedicarmi a pezzi di grandi dimensioni come il riccio, anche più grandi, e il laboratorio di Limone è l’ideale.  A conclusione di questa mostra ho intenzione di andare a Parigi, dopo dieci anni vorrei fare una personale a fine 2020, ho alcuni lavori esposti presso la galleria Nichido, la più vecchia di Tokyo, e poi sto cercando una galleria a New York e a Londra. Altre creature, altre forme e materiali affollano la mia mente, devono trovare la giusta via d’uscita. https://www.artribune.com/arti-visive/street-urban-art/2019/11/intervista-osvaldo-moi/ 12 3 4 5 6 7  

Osvaldo Moi: un catalogo d’arte a cura di Marco Piovanotto

Nov 11 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

L’arte di Osvaldo Moi incontra l’eccellenza della fotografia con Marco Piovanotto nella realizzazione del catalogo “Osvaldo Moi” edito da Skira 2 Marco Piovanotto, oggi affermato fotografo, inizia la nostra intervista raccontandosi “ io non ho iniziato facendo il fotografo anche se la passione per la fotografia l’ho sempre avuta sin da piccolo.  Sono laureato in ingegneria e ho lavorato nel settore per diversi anni fino al 2004 però ho sempre mantenuto la passione per la fotografia. Attraverso una serie di incontri sono entrato nel mondo della fotografia professionale. Ho sempre lavorato nel settore della fotografia giornalistica, oggi anche se ci lavoro molto meno rispetto agli anni passati.  Mi sono specializzato nei cataloghi, come quello di Osvaldo, nella fotografia artistica, a quella sui set. Sono cresciuto con l’esperienza. A volte mi sono chiesto perché Osvaldo avesse deciso di chiedere proprio a me tutto ciò. Ci siamo incrociati in occasione di un evento del principe Emanuele Filiberto.  Lui aveva portato una delle sue opere ad un evento dove era presente il principe e da lì abbiamo iniziato a scambiarci delle idee.  Oggi è rimasto un buon rapporto al di là di quello lavorativo.  Ho seguito con piacere la realizzazione del catalogo di Osvaldo che mi ha permesso di vedere tutto ciò che aveva realizzato in modo dettagliato. Ho conosciuto lui insieme alle sue opere. Di lui avevo una visione offuscata, lo avevo visto in divisa e poi l’ho ritrovato all’inaugurazione di Venaria Reale restaurata e questo mi ha davvero disorientato. Solo successivamente sono riuscito a mettere insieme tutti i pezzi che avevo”. 1   Per Piovanotto la fotografia purtroppo oggi ha subito un imbarbarimento dovuto ai mezzi digitali. L’uomo per sua natura si abitua a quello che vede e la gente quando vede delle foto scattate da un professionista rimane sorpresa. Ogni giorno, attraverso questi milioni di scatti, si perde il senso dell’immagine, della tecnica. Ci sono dei canoni da rispettare, l’inquadratura, il taglio, meglio si fa meno si lavora sulla foto. Occorre cogliere il senso della fotografia, l’importanza della luce è indispensabile. È un artigianato e poi se attraverso la fotografia riesci ad essere unico e comunicativo e innovato allora sei un artista. Se riesci a trasmettere sentimenti ed emozioni hai reso la foto qualcosa di straordinaria. Quando ha iniziato a lavorare al catalogo ciò che lo ha colpito è stato un impatto comunicativo molto forte, forme e volume colori sono estremizzati sempre. Colgono l’attenzione in modo inevitabile di chi le guarda. Le escargot sono colorate in modo accese e tu non puoi non notarle. Secondo me, prosegue Marco, “è un surrealista, un dualismo vivente: un iperrealismo che è una peculiarità che attrae l’osservatore. Tu vuoi cercare di capire la sua opera, un percorso metaforico tra il suo immaginario e l’espressione  comunicativa. La sua caratteristica che lo identifica come artista. In questo passaggio dal congedo all’arte lui è rinato. Quando lo conobbi, seppur all’inizio della sua carriera da artista  era nel pieno dello spazio della sua arte.  Mentre facevamo lo shooting alle varie opere,  lui ogni tanto preparava delle ottime prelibatezze quindi direi anche un ottimo cuoco. Ho deciso di accettare la sua richiesta perché mi piacevano le sue opere, ho capito cosa volesse la plasticità i colori e quindi ho trovato il modo tecnico per renderle al meglio. Un opera che doveva avere un impatto visivo così che le luci potessero riflettere sulle superfici così da far ad esempio emergere i gusci dalle immagini. Ottiche decentrate per mettere a fuoco solo un dettaglio e questo ha valorizzato l’opera stessa per la valorizzazione della particolarità. Se dovessi definirlo con tre aggettivi direi: duale eclettico e con una forte personalità   Osvaldo Moi offre con il suo catalogo la possibilità di viversi le opere in modo diverso, anche attraverso la critica curata da  Martina Corgnati. La sua vita, la sua passione per l’arte, il suo estro creativo si raccontano in questa pagine che diventano per te lettore una fonte inesauribile di spunti per cogliere l’essenza di quest’artista. Un racconto visivo attraverso gli scatti di Marco Piovanotto, maestro in questo settore che ha colto la necessità di far emergere le opere dal catalogo. È come se tu le osservassi a misura realistica percependo un oggetto comunicativo nella forme e nel materiale.    

Torino: commemorazione caduti di Nassiriya

Oct 30 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

monumento-ai-caduti-di-nassirya-osvaldo-moi-15 Il 2 novembre presso Piazza d’Armi a  Torino ci sarà la commemorazione ai caduti di Nassiriya. Un eccidio che continua ad echeggiare nelle nostre menti, un ricordo per comunicare che il 12 novembre 2003 alle ore 8.40 ora italiana, 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito italiano, e 2 civili hanno perso la vita a causa di un attentato. Impegnati nella missione peace keeping a seguito della seconda guerra del Golfo, per portare sostegno ad una popolazione devastata e dare un aiuto alla ricostruzione. Le nostre forze armate impegnate sempre in prima linea a sostegno delle azioni umanitarie dimostrano la loro umanità e professionalità. con la morte di questi 19 soldati italiani e 9 iracheni non si può  e non si deve dimenticare un gesto così codardo. Loro non erano lì per combattere nessuna guerra ma per ricostruire la pace a fianco del popolo iracheno. Una cerimonia che vuole ricordare il sacrificio dei nostri soldati e sottolineare l’impegno e il rischio che tutti i giorni corrono anche in missione di pace. Quando accade l’attentato di Nassiriya Osvaldo Moi ci racconta che era già a Sarajevo e, considerando il periodo piuttosto difficile che si viveva,  aveva posto negli studi Striscia la Notizia, alle spalle dei conduttori, un tapiro con i colori della pace. Erano trascorsi 5 mesi dall’esporre quel tapiro quando gli Americani hanno invaso l’Iraq dal Kuwait. “Mi sentii profondamente coinvolto in quell’attentato, sia come militare ma anche perché da poco avevo perso mio fratello, mia sorella e mio padre, pensavo ai loro familiari che avrebbero appreso questa notizia e al loro stato d’animo. Quando si parte in missione tutti noi abbiamo fatto ai nostri cari la stessa promessa di ritornare presto, questi 19 soldati non l’hanno potuta mantenere” ci racconta Osvaldo. 2687   “Fu così che iniziai a scolpire per dare il mio contributo personale attraverso una scultura: ho pensato il difficile dolore dei parenti e mi sono sentito chiamato in causa per dare una testimonianza concreta di ciò che sentivo. Fu davvero un impresa difficile portarla in Italia: partii e arrivai fino a Spalato in Italia dove mi imbarcai fino ad Ancona. Da lì la caricai su due macchine per raggiungere Torino. Nel frattempo inviai 4000 mail ad enti ed istituzioni ai quali comunicavo la mia disponibilità a donare quest’opera in ricordo dei caduti di Nassiriya. Nel frattempo scrissi alla consulta filatelica per creare un francobollo. Ricevetti risposta da Novara e nel 27 novembre 2014 fu esposta l’opera. Nel frattempo il sindaco Chiamparino di Torino mi aveva convocato per darmi disponibilità solo se avessi trovato un terreno dove posizionarla, adiacente il suolo comunale ed accessibile alla popolazione. Grazie al Generale Cravarezza e al Generale Novelli, ebbi a disposizione uno spazio del terreno militare di Piazza d’Armi adiacente il suolo comunale e il 6 gennaio 2016 fu inaugurato. Il terzo monumento fu invece sistemato a Pienenza (TO) il 18 aprile 2019”.   monumento-ai-caduti-di-nassirya-osvaldo-moi-4monumento-ai-caduti-di-nassirya-osvaldo-moi-8   L’opera, una scultura in legno di rovere dei Balcani, un materiale duro e semplice dove Moi ha dato vita ai 19 soldati, l’uno accanto all’altro uniti per la missione in cui credevano.  Non hanno occhi, ne’ bocca né mani, loro ora guardano dal cielo i loro cari e da lì continuano a proteggerli. Le loro mani erano lo strumento per aiutare a ricostruire la pace, la loro era la presenza di chi voleva affiancare un popolo per la rinascita. Ricordare vuol dire anche onorare perché hanno sacrificato la loro vita in nome di ciò in cui credevano. Una scultura che dà presenza concreta di questi soldati, come fossero proprio lì a guardarti a testimoniare l’impegno delle forze dell’ordine italiane.  Se l’osservi con attenzione sembrano animarsi e tornare a vivere, ogni familiare può ritrovare il suo caro in una delle figure scolpite. Un impatto visivo forte, concreto, deciso che evidenzia anche il dolore al quale Osvaldo si è associato come militare e come italiano. Un dolore che comunica il desiderio di far sì che il sacrificio dei nostri 19 soldati sia sempre ricordato e rappresenti per ogni generazione l’alto valore che porta con sé.   Moi cita l’attimo su una targa in bronzo alla base del monumento “UNITI E SMARRITI, ANIME STRAPPATE ALLA TERRA IN PARTENZA VERSO IL CIELO”.   monumento-ai-caduti-di-nassirya-osvaldo-moi-14    

Premio Leo Awards 2019 a Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

Oct 28 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

patrizia_sandretto_re_rebaudengo_en_madrid_en_2017   Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente della fondazione Sandretto Re Rebaudengo, ha ricevuto il 21 ottobre a New York il prestigioso premio Leo Awards 2019 dall’Indipendent Curators International. Il suo lavoro e il suo impegno nella promozione e dell’educazione all’arte contemporanea è stato evidenziato attraverso quest’importante riconoscimento.  Una donna che ha sempre sostenuto l’arte e continua a farlo con passione e dedizione. Un plauso ad una donna contemporanea che ha saputo far emergere in modo predominante la sua cultura nel campo artistico e non solo, circondandosi di artisti conosciuti e non.

La ritrattistica di Osvaldo Moi: Maurizio Di Maggio

Oct 23 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

Osvaldo Moi è un’ artista poliedrico capace di rivelare emozioni e sensazioni attraverso ogni dettaglio delle sue opere. Il ritratto è un’arte che gli appartiene, ogni volto con l’espressione dei suoi occhi, diventa realistico e somigliante quanto una foto al soggetto. Il tratto è deciso e marcato per evidenziare quei lineamenti o particolari che rendono un viso particolarmente unico. Maurizio Di Maggio è stato omaggiato di un suo ritratto. Osvaldo si racconta “ nella ricerca di un calore negli occhi e nella bocca di chi sto per rappresentare, è solo attraverso gli occhi che scruti l’anima e attraverso la loro profondità scopri la personalità . il quadro si realizza nella sua migliore bellezza quando lo sguardo è sincero e rilassato. La luce del ritratto si sprigiona dallo sguardo che attraverso la matita diventa attivo, in movimento”.   maurizio-di-maggio Un ritratto è l’immagine di sé attraverso gli occhi di chi lo realizza e la sapiente bravura delle sue mani nel definirlo e farlo somigliante alla realtà. Un ritratto è quello specchio in cui non ti stanchi di guardarti dove inizi a guardare dettagli che a te potevano sembrare difetti. Difetti che diventano caratteristiche dominanti di un volto e lo identificano come unico e speciale. Il tratto della matita su un semplice foglio bianco realizza un capolavoro. E come Osvaldo sottolinea gli occhi si animano e la bocca sembra parlare seppur tutto è immutabile su quel foglio. Guardare un ritratto è svelare un po’ dell’animo di chi è raffigurato, una cartolina di sé di un momento di gioia o dolore che non è lo scatto di una fotografia. Le tue emozioni filtrano mediante le mani dell’artista che ti disegna e realizza quanto tu trasmetti.   maurizio-di-maggio1

Maurizio Di Maggio: vi racconto Osvaldo Moi

Oct 13 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   1   |   Posted in News

Maurizio Di Maggio, voce storica di Radio Montecarlo, ci racconta il suo incontro con Osvaldo Moi. Chi è Maurizio Di Maggio? È disck jockey  che ha cominciato la sua carriera con le radio private  ad Ivrea in provincia di Torino e ha proseguito arrivando a radio Montecarlo.  Da qui, da più di 30 anni, racconta le sue storie su i suoi  viaggi le sue esperienze in giro per il mondo e non solo. Come descriverebbe l’arte di Osvaldo Moi? Osvaldo riesce ad essere riflessivo, creativo in un modo eccellente; lui che ha visto la guerra riesce a trovare il bello delle cose. Riflessivo creativo pieno d’esperienza, realizza un’arte molto immediata, semplice intuitiva. La serie delle escargots  ad esempio è basata su uno scherzo  e per quello ti colpisce e attrae. Ben realizzata con capacità e grande maestria.   Come ha conosciuto Osvaldo Moi? Osvaldo Moi è un ascoltatore: quando ha iniziato a raccontarmi la sua storia da elicotterista la sua esperienza mi ha intrigato. Molto spesso è stato protagonista del mio story telling radiofonico perché  ha tanto da raccontare con le sue missioni in giro per il mondo come militare. Ci siamo incontrati in varie occasioni di manifestazioni benefiche come per il premio da assegnare ai partecipanti dello star team for the Children del Principe Alberto di Monaco. moi1 moi2 moi3   Le iniziative organizzate dal principe Alberto di Monaco con lo scopo di aiutare l’infanzia sono : World Stars Football March-Stade Louis II, Monaco, 3 trofei di football, 2 trofei di golf- World Stars Golf Charity Tournament e due trofei di sci e uno di go cart sulla neve- World Stars Ski. In questa breve intervista riusciamo a cogliere dalle parole di Maurizio Di Maggio come l’arte realizzata da Osvaldo sia una comunicazione costante delle sue esperienze. Un’elaborazione che non rimane confinata nel suo mondo interiore ma che riesce a trasmettersi a coloro che osservano ed ammirano. Seppur senza la presunzione di diventare oggetto impenetrabile nei pensieri dell’artista che l’ha realizzata. Avverti, attraverso le parole di Di Maggio, quanto l’esperienza anche lavorativa incide sul racconto della realizzazioni. Potrebbe sembrare un paradosso, ma proprio lui riesce a portare alla luce la naturale bellezza delle sue rappresentazioni, nonostante sia sempre stato un uomo impegnato professionalmente in campo militare. Un animo forte e gentile che vuol essere mostra dinanzi al mondo delle bellezze che gli occhi possono ammirare, spunto riflessivo personale perché l’arte di Moi è ironica ed immediata ma altrettanto significativa per esprimere il suo concetto a chi la sta non semplicemente ammirando bensì vivendo. moi8moi6moi5

Sabine Uhdris e le opere di Osvaldo Moi

Oct 05 2019   |   By: rosaria-di-prata   |   0   |   Posted in News

Sabine Uhdris, un nome internazionale del design, presso la sua galleria LOSTUDIO ospiterà Osvaldo Moi con le sue opere. sabine-uhdris5

Sabine Uhdris si racconta

Sabine Uhdris nata a Berlino studia presso la Parsons School of Design di New York. Il design diventa parte della sua vita: dal prodotto, al paesaggio, alla grafica. Studia all’università delle Arti Applicate di Vienna nella master class per l’interior design di mobili con il professore Johannes Spalt.  Nel 1983 si stabilisce in Italia come designer freelance  fino al 2012, con progetti e collaborazioni che la rendono nota a livello internazionale.  Poi decide di tornare in Germania e di creare LOSTUDIO.  Un progetto per mostre temporanee per artisti provenienti da tutto il mondo e per ogni campo artistico spaziando dalla fotografia, all’arte, alla moda alla scultura. Un’ambientazione speciale di uno spazio espositivo dove il motto “dagli amici per gli amici” evoca la convivialità del luogo per creare familiarità con l’arte.   sabine-uhdris1          sabine-uhdris2             sabine-uhdris4  

Sabine Uhdris e l'arte

Sabine racconta  “sono sempre stata immersa nell’arte a partire dai miei primi studi posso dire che la mia formazione mi ha reso coinvolta a 360 gradi in questo settore. Per me una galleria d’arte ha un ruolo culturale che si diversifica a seconda della città in cui di trova: la Germania prima del secondo conflitto mondiale rivestiva un ruolo importante per l’arte, la musica, il teatro e la letteratura. Oggi è un paese fortemente industrializzato e io ho voluto ricreare un modello di galleria dove incontrarsi per parlare, conoscersi e condividere esperienze. La mia non è una galleria comune: in questo spazio del 1776 del tardo barocco,  offro spazi per leggere, per parlare ricordando  i grandi maestri a Parigi che si incontravano nei loro salotti. Non solo muri per appendere opere ma uno spazi da vivere” è la sua riflessione sul ruolo di una galleria d’arte. Aggiunge poi: ”come diceva Aristotele è molto importante avere delle cose belle da vedere e sentire per nutrire l’anima…..  questo è il mio ruolo  in questa galleria. Sono una conservatrice, i giovani lavorano nel digitale e l’arte si definisce diversamente. Noi siamo a parlare di tele, dipinti ad olio, fotografia analogica, scultura di materiali vivi. Il mondo dell’arte è anche evoluzione  ma con la speranza di poter sempre portare l’arte al popolo e non solo all’elite.  

La conoscenza con Osvaldo Moi

E alla domanda  su come ha conosciuto Osvaldo Moi,  mi racconta di averlo” incontrato” su Instagram  e poi conosciuto personalmente durante un viaggio in Germania dell’artista per vedere la galleria. “Quello che mi piace di Osvaldo  è la sua energia: emerge dalla sua realtà professionale e artistica. La sua vita raccontata nelle sculture che realizza. Il suo estro artistico denota la volontà di emergere, deve solo trovare l’equilibrio per restare in una storia, in un materiale o in un pensiero……. apprezzo molto di lui la sua umiltà”.